QUI ABITAVA IL CROMAGNON
Appunti di viaggio alla
scoperta di antiche verità: ovvero la storia dell’uomo di Valtellina che si
ripete nelle montagne del Mercantour, passando per Bordighera e dintorni.
Balzi Rossi, Ventimiglia. E’ il nome della località molto vicina
al confine Italia-Francia, riferita alla falesia a ridosso dell’ultima spiaggia
nel comune di Ventimiglia, dove tra il 1846 e il 1892 numerosi scavi furono
compiuti nelle grotte poste oltre la linea ferroviaria portando alla luce un
ricchissimo materiale archeologico. Il Museo dei Balzi Rossi è gestito dal
Ministero dei Beni Culturali, e nel suo piccolo si rivela come un forziere
ricco di gioie immense. Sono state trovate in grotte diverse più sepolture di
uomini, donne e fanciulli, identificati a quei tempi come scheletri
appartenenti alla razza di Cromagnon, caratteristica del Paleolitico Superiore,
somaticamente e culturalmente assai più evoluta della razza di Neanderthal che
visse durante il Paleolitico medio. Il materiale stratificato raccolto in
queste grotte dei Balzi Rossi ha fatto emergere anche resti di ossa femorali di
Neanderthal unitamente a strumenti di pietra e di osso. Se i Cromagnon erano
abili cacciatori si cibavano di prede. Così si spiegano i resti di animali
rinvenuti nelle grotte che erano luogo di unione, di difesa e di cerimonie
funebri. Sono particolarmente interessanti i resti di una mandibola di
rinoceronte di Merck, di alcune zanne di elefante, come pure denti di renna e
crani di lepri glaciali, oltre a conchiglie tipiche delle coste Senegalesi come
Strombus Bubonius. Gli animali marini ben conservati sono reperti indicatori di
un clima caldo tipico di una fase interglaciale, mentre animali che oggi
troviamo solo tra i ghiacci nordici sono riferibili a climi molto più rigidi.
Tutto fa pensare ad alternanza di era glaciale diffusa fino al livello
mediterraneo con era interglaciale sicuramente più tiepida. E’ possibile
visitare anche le grotte utilizzando passerelle aeree in legno che salgono
sopra l’odierna linea ferroviaria ricavata lungo il tracciato dell’antica Via
Iulia Romana. Nel paese di LaTurbie è bello ricordare l’Arco di Trionfo di
Augusto splendidamente conservato.
La datazione dei
materiali più antichi si riferisce a epoca indicativa di 250.000 anni fa,
quando si avvicendarono gruppi umani, mentre l’uomo di Neanderthal visse, circa
80.000 fa nella zona di Ventimiglia. In quegli anni non si conoscevano le
tecniche di lettura del DNA che sono oggi applicate per conoscere se Cromagnon
e Neanderthal siano davvero da considerare razze simili o solamente specie diverse
non ibridabili. Non sembra infatti che sia stato scambiato alcun materiale
genetico DNA/RNA, come sarebbe invece atteso, da due popolazioni vissute
contemporaneamente garantendo attraverso unioni miste una più elevata
variabilità genetica. Il condizionale è d’obbligo da quando nel 2010 il gruppo
di Svante Pavloo del Max Plank Institute afferma di suggerire che una
percentuale variabile dal 3 al 5% di materiale genetico di Cromagnon è stata
rinvenuta nel DNA di un mignolo di una giovane di Neanderthal rinvenuta
nientemeno che in Siberia. Deboli tentativi di scambio genetico sono impossibili
da negare: come potevano le abitanti della terra non essere attratte dagli
abitanti più evoluti, più resistenti e più belli? Grande rilievo hanno anche
alcune statuette del tipo Venere nera. Un grande pannello didattico cerca di spiegare
certe somiglianze di forma con alcuni tratti di etnia africana. Nessuno lo
saprà mai cosa avvenne tra Cromagnon e Neanderthal. Certamente alcuni gruppi
vissero separati senza comunicazione e senza riproduzione, secondo l’ipotesi di
specie non altrimenti compatibili. Alcuni geni HLA del sangue restano isolati
solo in certe aree geografiche dell’Europa. Insieme alle diverse lingue parlate
ancora oggi sono il binomio distintivo delle attuali popolazioni basche,
ungheresi e albanesi. Sembra che il basco parlato da venticinquemila francesi e
da un milione e mezzo di spagnoli forse discende dalle lingue parlate dai
Cromagnon venticinquemila anni fa e dai primi europei moderni da cui
discendevano.
A
pochi chilometri dai Balzi Rossi nel 1888 aveva fondato una biblioteca Clarence
Bicknell pastore metodista inglese che dedica la sua vita alla catalogazione delle
incisioni rupestri del Mont Bego: oggi è sede della Biblioteca-Museo Clarence
Bicknell gestito dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri. Il luogo è
veramente incantevole. Il clima trasforma i giardini in uno splendore di colori
e l’aria salutare del mare ha fatto crescere una magnolia di proporzioni
centenarie. Poco lontano sulla strada un cartello avvisa del meridiano Cassini.
Qui è possibile trovare molte pubblicazioni specifiche sui reperti preistorici
archeologici della zona ligure e sui ritrovamenti nelle Alpi Marittime francesi.
Sono molto famosi i giardini Hanbury da visitare nella stagione della massima
fioritura.
Valle delle Meraviglie, Tenda. Proseguiamo il nostro
viaggio lungo le suggestive gole della Valle della Roja. Piccoli paesi come
nidi d’aquila sono raggiunti sulle alture rocciose da un ardito trenino a
cremagliera che collega Mentone con Tenda e con Limone Piemonte. La deviazione
per Casterino ci fa conoscere l’ingresso del territorio che vogliamo scoprire.
Com’è possibile rimanere
insensibili alle scritture preistoriche scoperte da Clarence Bicknell alle
pendici del Mont Bego nel Parc de Marveilles? Si tratta in fondo di avvicinarsi
alle prime forme di rappresentazione della realtà che l’uomo primitivo ha espresso
scolpendo a suo modo le rocce della montagna. Bisogna soltanto chiudere gli
occhi e immaginare il mondo di almeno 10.000 anni fa. Come comunicavano gli
abitanti del Mercantour? Attraverso la lingua dei segni petroglifici
esprimevano una forma d’arte non figurativa. Le parole non erano state
inventate. Le prime tracce di scrittura sono sicuramente più tardive e vengono tardivamente
dopo le prime rappresentazioni di scrittura cuneiforme e geroglifica. Che cosa
disegnavano nella Val de Marveilles? Gli animali che appaiono più
frequentemente sulle rocce sono soprattutto teste con le corna. Si riferivano
ad animali come il toro o la mucca, che avevano potenti armi di difesa. Anche
noi oggi usiamo semplici icone per semplificare l’apprendimento e il
riconoscimento veloce delle funzioni. Il linguaggio del computer è un esempio
universale. Il vantaggio evidente è quello della comprensione univoca e di un
simbolo valido per tutto il mondo. Chi erano gli autori delle figure rupestri
incise al Mont Bego? Parliamo certamente dei Cromagnon. Quelli che più si
avvicinano alla nostra discendenza diretta. Forse anche dei Neanderthal se
hanno vissuto contemporaneamente. Se disegnavano una punta a forma triangolare,
volevano dire un’arma, come una lama o un coltello. Le forme di vita erano
organizzate secondo lo schema dei cacciatori- raccoglitori mentre erano anche
presenti forme di lavoro agricolo. Perché gli uomini vivevano in quest’ambiente
alpino, una splendida conca glaciale dove sono ancora visibili diversi piccoli
laghi formatisi dallo scioglimento di ghiacciai perenni ormai estinti? Forse a
causa del freddo intenso le stagioni autunno e inverno ostacolavano la crescita
di ogni coltivazione vegetale e anche per gli animali le condizioni di
temperatura non favorivano grandi moltiplicazioni. Le condizioni non erano
facili. Forse i Cromagnon si sentivano protetti dai pericoli in questa conca
alpina. Oppure la cima del Mont Bego attirava la loro attenzione, forse perché
era luogo dove i fulmini scaricavano la loro potenza elettrica, forse perché il
sole del tramonto la indorava di luce, forse perché dalle sue rocce scendeva
un’acqua costante. Era diventato un luogo carico di magia. Ecco allora
comparire il disegno del mago, forse un sacerdote che inizia un rito
propiziatorio proprio davanti al Mont Bego.
Per arrivare sul luogo
dove sono concentrati la maggior parte delle oltre 14.000 incisioni rupestri
occorre arrivare a Lac des Mesches e prendere il sentiero che sale dapprima al
refuge de la Miniere e poi al refuge de Marveilles, nel cuore del Parc de
Marveilles. Da qui si sale ancora per la Baisse de Valmasque e lungo il
sentiero, meglio se accompagnati dalle guide, s’incontreranno i sassi più
famosi scolpiti e interpretati da archeologi e antropologi. Il percorso è
protetto da regole molto rigide, quali non abbandonare i sentieri e non usare
racchette con punte metalliche. Si raccomanda di avere rispetto per questo
patrimonio culturale d’immenso valore antropologico. Le guide del Parc de
Marveilles partono dall’omonimo rifugio ogni due ore ed è possibile prenotare
la visita anche telefonicamente. Certamente il periodo estivo con i mesi di
luglio e agosto rappresenta il momento ideale per l’assenza di neve e il clima
più mite. La salita, il giro delle incisioni e la discesa richiedono una
preparazione fisica adeguata: il tempo potrebbe essere stimato in almeno 5/6
ore.
Esiste anche la
possibilità di essere accompagnati dalle guide con una jeep fuoristrada da
Tenda fino al refuge de Marveilles e risparmiare così la fatica maggiore
dell’escursione. Se posso dare un consiglio: dedicate un intero giorno con la
salita nelle ore più fresche del mattino e guardate le incisioni rupestri con
la luce più morbida del tardo pomeriggio. Poiché sono assenti i colori vivaci della
pittura, inizialmente si fatica a riconoscere il tratto del nostro scriba
Cromagnon e soprattutto l’immagine che formiamo nella nostra memoria, ci
sorprende a ricordare i primi pasticci che tutti i bambini disegnano alla
scuola materna. Le forme sono essenziali, ripetitive e poco proporzionate. Il
silenzio della montagna avvolge il mistero di un’arte al confine tra
primitività ed espressione quasi mistica, religiosa. Che cosa cercavano di dire
i nostri amici Cromagnon abitanti nel Mercantuor? Sappiamo troppo poco di
questo lontano passato. I simboli qui rappresentati sono simili a quelli della
cultura Kurgan (segni solari, armi, pettorali, pendagli a doppia spirale,
animali, carri, aratri) e non sappiamo perché sono così fortemente diversi
dalle statuette rappresentanti la forma della divinità femminile. La Venere
nera di Vestonice e le statue di Kathalkayuk sono veri capolavori che
testimoniano il mito della Dea Madre più volte sostenuto dall’antropologa
lituana Maria Gimbutas. Le tre piccole statuette scolpite in pietra basaltica
nera che sono esposte al Museo dei Balzi Rossi confermerebbero l’ipotesi di una
matrice comune ai popoli antichi nel rito della Dea Madre.
Suggerisco di non
dimenticare una visita al Museo di Tenda ospitato in una moderna struttura,
opera dell’architetto Jacques Gourvence, dove, secondo schemi didattici ben
collaudati, diversi pannelli scientifici illustrano l’evoluzione
storico-geologica della zona. Voglio segnalarvi anche l’uso di originali manichini
(robotizzati) e in costume d’epoca, che possono invitarci ad ascoltare una spiegazione
storico-scientifica La voce, se pur elettronicamente prodotta, è ben
sincronizzata con veri movimenti labiali e del complesso occhi-palpebre. Si
tratta di una simulazione piacevole e molto attrattiva. Molti visitatori la seguono
fino in fondo. Forse i bambini potrebbero non crederci perché le dimensioni
sono simili a un adulto, ma la voce inganna e non sembra per niente quella
delle favole! A fianco del Museo di Tenda si trova il locale Ufficio Turistico
Francese, dove è distribuito un ottimo materiale informativo sulle escursioni
della zona e sulle attività sportive di rafting, biking e canyoning. Si rimane
positivamente sorpresi perché le pubblicazioni hanno aspetto eccellente sotto
ogni punto di vista, e sono complete di piantine, illustrazioni, orari,
telefoni e indirizzi. L’atteggiamento di assistenza al cliente è un’altra
caratteristica che distingue il personale sempre disponibile a fornire consigli
con generosità di dettagli.
Rupe Magna, Grosio. Il ritorno dalla Francia ci porta a scoprire
la Valtellina e i suoi piccoli tesori, come il Palazzo Besta di Teglio e il
Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio, luoghi meno conosciuti al vasto
pubblico dei turisti ma non per questo ricchi di valori storici formidabili.
Palazzo Besta ci stupisce per gli affreschi del 500 tra cui una carta
geografica copia autentica di una mappa di Vogel conservata alla Washington
Library. La casa di una ricca famiglia di quel tempo riceveva gli ospiti in
ampi saloni e sui soffitti si vantava di osservare il continente della Nuova
India così come Colombo, e altri navigatori come Caboto, Magellano, Vespucci, l’aveva
descritta dopo la scoperta. Questa meraviglia geografica si è perfettamente
conservata grazie agli interventi restaurativi del Ministero dei Beni
Culturali. Oggi la geografia è dimenticata negli insegnamenti scolastici. Una
volta invece la sua conoscenza era una ricchezza da mostrare: si vedeva la
terra e la sua forma rotonda era sviluppata dal pittore su una superficie piana
per mostrare la grandezza dei mari e delle terre continentali. Trovo questa
visita a Palazzo Besta veramente eccezionale. Invito spesso gli amici a
visitare Teglio. Nella piccola sala affacciata sul portico, m’incuriosisce una
serie di grossi massi e di riproduzioni fotografiche. Sono una sintesi delle
incisioni rupestri trovate a Grosio negli anni 70 dal Prof. Davide Pace. Un
piccolo foglietto senza illustrazioni definisce come segue la competenza
storica della Valtellina nella storia dei Cromagnon:
“La Rupe Magna conta
circa 20.000 figure incise e tutta la zona potrebbe costituire la terza area
alpina per numero di raffigurazioni, dopo la Valcamonica e il Mont Bego. Le
incisioni sono state fatte con la tecnica della picchiettatura utilizzando
piccoli blocchetti di quarzo reperiti sul luogo. Sono rare le incisioni a
graffito. Le scoperte sono molto recenti perché erano ricoperte di muschi. La
Rupe Magna è una grande roccia formata da megascisti levigati da ghiacciai
wurmiani, modellata oltre 20.000 anni fa dall’azione del ghiaccio che scorreva
su di essa trascinando con sé una grande quantità di detriti. La datazione
cronologica fa riferimento a epoca preistorica corrispondente dall’IV-III
Millennio a.C. (Neolitico-Età del Rame) al II Millennio a.C. (età del Bronzo)”.
Contrariamente ai
numerosi divieti del Parc de Marveilles è possibile salire sulla Rupe Magna.
Anche senza scarpe bisogna
avere con molta attenzione muovendosi in equilibrio sulla roccia. I bambini si
divertono a cercare le figure tra le pieghe del sasso. La sua superficie molto
estesa consente di avvicinarsi fino a toccare le incisioni e di ammirare i
disegni da vicino. Non è facile riconoscere le figure degli oranti o dei
guerrieri piuttosto che degli animali come la capra o degli attrezzi come il
rastrello. Per i giovani diventa un gioco come la caccia al tesoro dove per
vincere bisogna trovare più disegni. La luce calda del tramonto favorisce la
definizione dei bordi scuri sullo sfondo illuminato della Rupe Magna. Se prima
era raro vedere qualche segno adesso sembra di camminare su un tappeto
fantastico di fumetti preistorici disegnati in una striscia continua. Alcune
figure sembrano danzare, anticipando forme in movimento. Misteriosa è invece la
rappresentazione degli attributi femminili evidenziati come nelle incisioni
della Valcamonica: una coppella in mezzo alle gambe e due ai lati del busto. Il
significato delle coppelle è sconosciuto. Sono presenti su molti serpentini
levigati dal ritiro dei ghiacciai, spesso in prossimità di luoghi di culto come
piccole santelle o cappelle votive ai bordi di terrazzi coltivati. Qualcuno
tenta l’ipotesi che il ritrovamento di coppelle sia un segno di espressione
religiosa. Gli uomini antichi non sapevano in quale altro modo definire un
valore soprannaturale.
Intorno alla Rupe Magna
si possono visitare i resti di un castello medioevale le cui mura merlate fanno
pensare a un luogo di difesa e di battaglie. Il paesaggio è caratterizzato dalla
forte presenza della vite coltivata su solidi terrazzamenti. File ordinate di
muretti a secco proteggono la terra dai fenomeni di erosione particolarmente
evidenti sui declivi delle valli alpine. Il regista Olmi ha girato un
documentario proprio in Valtellina per fare conoscere il valore e l’attualità
che la terra e la vigna hanno nella vita dell’uomo. In un mondo ormai
proiettato verso la conquista dello spazio, dove ogni giorno s’inventano nuove
applicazioni elettroniche, informatiche e tecnologiche, parlare dell’importanza
di difendere la terra dai processi di cementificazione sembra inadeguato. Il
regista Olmi vuol dare un messaggio semplice ai giovani e alle generazioni che
verranno: salvate la terra, coltivate la terra, amate la terra. In futuro la
terra con i suoi prodotti naturali ci salverà.
Lo sapevano bene i
Cromagnon che hanno vissuto per millenni in questi campi.
BIBLIOGRAFIA
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R. POGGIANI KELLER, C. LIBORIO e M. G. RUGGIERO, Guida all’antiquarium del parco delle
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Rupestri di Grosio, Grosio, 2008