mercoledì 27 aprile 2016

Qui abita il Cromagnon


QUI ABITAVA IL CROMAGNON
Appunti di viaggio alla scoperta di antiche verità: ovvero la storia dell’uomo di Valtellina che si ripete nelle montagne del Mercantour, passando per Bordighera e dintorni.









Balzi Rossi, Ventimiglia. E’ il nome della località molto vicina al confine Italia-Francia, riferita alla falesia a ridosso dell’ultima spiaggia nel comune di Ventimiglia, dove tra il 1846 e il 1892 numerosi scavi furono compiuti nelle grotte poste oltre la linea ferroviaria portando alla luce un ricchissimo materiale archeologico. Il Museo dei Balzi Rossi è gestito dal Ministero dei Beni Culturali, e nel suo piccolo si rivela come un forziere ricco di gioie immense. Sono state trovate in grotte diverse più sepolture di uomini, donne e fanciulli, identificati a quei tempi come scheletri appartenenti alla razza di Cromagnon, caratteristica del Paleolitico Superiore, somaticamente e culturalmente assai più evoluta della razza di Neanderthal che visse durante il Paleolitico medio. Il materiale stratificato raccolto in queste grotte dei Balzi Rossi ha fatto emergere anche resti di ossa femorali di Neanderthal unitamente a strumenti di pietra e di osso. Se i Cromagnon erano abili cacciatori si cibavano di prede. Così si spiegano i resti di animali rinvenuti nelle grotte che erano luogo di unione, di difesa e di cerimonie funebri. Sono particolarmente interessanti i resti di una mandibola di rinoceronte di Merck, di alcune zanne di elefante, come pure denti di renna e crani di lepri glaciali, oltre a conchiglie tipiche delle coste Senegalesi come Strombus Bubonius. Gli animali marini ben conservati sono reperti indicatori di un clima caldo tipico di una fase interglaciale, mentre animali che oggi troviamo solo tra i ghiacci nordici sono riferibili a climi molto più rigidi. Tutto fa pensare ad alternanza di era glaciale diffusa fino al livello mediterraneo con era interglaciale sicuramente più tiepida. E’ possibile visitare anche le grotte utilizzando passerelle aeree in legno che salgono sopra l’odierna linea ferroviaria ricavata lungo il tracciato dell’antica Via Iulia Romana. Nel paese di LaTurbie è bello ricordare l’Arco di Trionfo di Augusto splendidamente conservato.  
La datazione dei materiali più antichi si riferisce a epoca indicativa di 250.000 anni fa, quando si avvicendarono gruppi umani, mentre l’uomo di Neanderthal visse, circa 80.000 fa nella zona di Ventimiglia. In quegli anni non si conoscevano le tecniche di lettura del DNA che sono oggi applicate per conoscere se Cromagnon e Neanderthal siano davvero da considerare razze simili o solamente specie diverse non ibridabili. Non sembra infatti che sia stato scambiato alcun materiale genetico DNA/RNA, come sarebbe invece atteso, da due popolazioni vissute contemporaneamente garantendo attraverso unioni miste una più elevata variabilità genetica. Il condizionale è d’obbligo da quando nel 2010 il gruppo di Svante Pavloo del Max Plank Institute afferma di suggerire che una percentuale variabile dal 3 al 5% di materiale genetico di Cromagnon è stata rinvenuta nel DNA di un mignolo di una giovane di Neanderthal rinvenuta nientemeno che in Siberia. Deboli tentativi di scambio genetico sono impossibili da negare: come potevano le abitanti della terra non essere attratte dagli abitanti più evoluti, più resistenti e più belli? Grande rilievo hanno anche alcune statuette del tipo Venere nera. Un grande pannello didattico cerca di spiegare certe somiglianze di forma con alcuni tratti di etnia africana. Nessuno lo saprà mai cosa avvenne tra Cromagnon e Neanderthal. Certamente alcuni gruppi vissero separati senza comunicazione e senza riproduzione, secondo l’ipotesi di specie non altrimenti compatibili. Alcuni geni HLA del sangue restano isolati solo in certe aree geografiche dell’Europa. Insieme alle diverse lingue parlate ancora oggi sono il binomio distintivo delle attuali popolazioni basche, ungheresi e albanesi. Sembra che il basco parlato da venticinquemila francesi e da un milione e mezzo di spagnoli forse discende dalle lingue parlate dai Cromagnon venticinquemila anni fa e dai primi europei moderni da cui discendevano.                   





















A pochi chilometri dai Balzi Rossi nel 1888 aveva fondato una biblioteca Clarence Bicknell pastore metodista inglese che dedica la sua vita alla catalogazione delle incisioni rupestri del Mont Bego: oggi è sede della Biblioteca-Museo Clarence Bicknell gestito dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri. Il luogo è veramente incantevole. Il clima trasforma i giardini in uno splendore di colori e l’aria salutare del mare ha fatto crescere una magnolia di proporzioni centenarie. Poco lontano sulla strada un cartello avvisa del meridiano Cassini. Qui è possibile trovare molte pubblicazioni specifiche sui reperti preistorici archeologici della zona ligure e sui ritrovamenti nelle Alpi Marittime francesi. Sono molto famosi i giardini Hanbury da visitare nella stagione della massima fioritura.

 









Valle delle Meraviglie, Tenda. Proseguiamo il nostro viaggio lungo le suggestive gole della Valle della Roja. Piccoli paesi come nidi d’aquila sono raggiunti sulle alture rocciose da un ardito trenino a cremagliera che collega Mentone con Tenda e con Limone Piemonte. La deviazione per Casterino ci fa conoscere l’ingresso del territorio che vogliamo scoprire. 
Com’è possibile rimanere insensibili alle scritture preistoriche scoperte da Clarence Bicknell alle pendici del Mont Bego nel Parc de Marveilles? Si tratta in fondo di avvicinarsi alle prime forme di rappresentazione della realtà che l’uomo primitivo ha espresso scolpendo a suo modo le rocce della montagna. Bisogna soltanto chiudere gli occhi e immaginare il mondo di almeno 10.000 anni fa. Come comunicavano gli abitanti del Mercantour? Attraverso la lingua dei segni petroglifici esprimevano una forma d’arte non figurativa. Le parole non erano state inventate. Le prime tracce di scrittura sono sicuramente più tardive e vengono tardivamente dopo le prime rappresentazioni di scrittura cuneiforme e geroglifica. Che cosa disegnavano nella Val de Marveilles? Gli animali che appaiono più frequentemente sulle rocce sono soprattutto teste con le corna. Si riferivano ad animali come il toro o la mucca, che avevano potenti armi di difesa. Anche noi oggi usiamo semplici icone per semplificare l’apprendimento e il riconoscimento veloce delle funzioni. Il linguaggio del computer è un esempio universale. Il vantaggio evidente è quello della comprensione univoca e di un simbolo valido per tutto il mondo. Chi erano gli autori delle figure rupestri incise al Mont Bego? Parliamo certamente dei Cromagnon. Quelli che più si avvicinano alla nostra discendenza diretta. Forse anche dei Neanderthal se hanno vissuto contemporaneamente. Se disegnavano una punta a forma triangolare, volevano dire un’arma, come una lama o un coltello. Le forme di vita erano organizzate secondo lo schema dei cacciatori- raccoglitori mentre erano anche presenti forme di lavoro agricolo. Perché gli uomini vivevano in quest’ambiente alpino, una splendida conca glaciale dove sono ancora visibili diversi piccoli laghi formatisi dallo scioglimento di ghiacciai perenni ormai estinti? Forse a causa del freddo intenso le stagioni autunno e inverno ostacolavano la crescita di ogni coltivazione vegetale e anche per gli animali le condizioni di temperatura non favorivano grandi moltiplicazioni. Le condizioni non erano facili. Forse i Cromagnon si sentivano protetti dai pericoli in questa conca alpina. Oppure la cima del Mont Bego attirava la loro attenzione, forse perché era luogo dove i fulmini scaricavano la loro potenza elettrica, forse perché il sole del tramonto la indorava di luce, forse perché dalle sue rocce scendeva un’acqua costante. Era diventato un luogo carico di magia. Ecco allora comparire il disegno del mago, forse un sacerdote che inizia un rito propiziatorio proprio davanti al Mont Bego.









Per arrivare sul luogo dove sono concentrati la maggior parte delle oltre 14.000 incisioni rupestri occorre arrivare a Lac des Mesches e prendere il sentiero che sale dapprima al refuge de la Miniere e poi al refuge de Marveilles, nel cuore del Parc de Marveilles. Da qui si sale ancora per la Baisse de Valmasque e lungo il sentiero, meglio se accompagnati dalle guide, s’incontreranno i sassi più famosi scolpiti e interpretati da archeologi e antropologi. Il percorso è protetto da regole molto rigide, quali non abbandonare i sentieri e non usare racchette con punte metalliche. Si raccomanda di avere rispetto per questo patrimonio culturale d’immenso valore antropologico. Le guide del Parc de Marveilles partono dall’omonimo rifugio ogni due ore ed è possibile prenotare la visita anche telefonicamente. Certamente il periodo estivo con i mesi di luglio e agosto rappresenta il momento ideale per l’assenza di neve e il clima più mite. La salita, il giro delle incisioni e la discesa richiedono una preparazione fisica adeguata: il tempo potrebbe essere stimato in almeno 5/6 ore.














Esiste anche la possibilità di essere accompagnati dalle guide con una jeep fuoristrada da Tenda fino al refuge de Marveilles e risparmiare così la fatica maggiore dell’escursione. Se posso dare un consiglio: dedicate un intero giorno con la salita nelle ore più fresche del mattino e guardate le incisioni rupestri con la luce più morbida del tardo pomeriggio. Poiché sono assenti i colori vivaci della pittura, inizialmente si fatica a riconoscere il tratto del nostro scriba Cromagnon e soprattutto l’immagine che formiamo nella nostra memoria, ci sorprende a ricordare i primi pasticci che tutti i bambini disegnano alla scuola materna. Le forme sono essenziali, ripetitive e poco proporzionate. Il silenzio della montagna avvolge il mistero di un’arte al confine tra primitività ed espressione quasi mistica, religiosa. Che cosa cercavano di dire i nostri amici Cromagnon abitanti nel Mercantuor? Sappiamo troppo poco di questo lontano passato. I simboli qui rappresentati sono simili a quelli della cultura Kurgan (segni solari, armi, pettorali, pendagli a doppia spirale, animali, carri, aratri) e non sappiamo perché sono così fortemente diversi dalle statuette rappresentanti la forma della divinità femminile. La Venere nera di Vestonice e le statue di Kathalkayuk sono veri capolavori che testimoniano il mito della Dea Madre più volte sostenuto dall’antropologa lituana Maria Gimbutas. Le tre piccole statuette scolpite in pietra basaltica nera che sono esposte al Museo dei Balzi Rossi confermerebbero l’ipotesi di una matrice comune ai popoli antichi nel rito della Dea Madre.
Suggerisco di non dimenticare una visita al Museo di Tenda ospitato in una moderna struttura, opera dell’architetto Jacques Gourvence, dove, secondo schemi didattici ben collaudati, diversi pannelli scientifici illustrano l’evoluzione storico-geologica della zona. Voglio segnalarvi anche l’uso di originali manichini (robotizzati) e in costume d’epoca, che possono invitarci ad ascoltare una spiegazione storico-scientifica La voce, se pur elettronicamente prodotta, è ben sincronizzata con veri movimenti labiali e del complesso occhi-palpebre. Si tratta di una simulazione piacevole e molto attrattiva. Molti visitatori la seguono fino in fondo. Forse i bambini potrebbero non crederci perché le dimensioni sono simili a un adulto, ma la voce inganna e non sembra per niente quella delle favole! A fianco del Museo di Tenda si trova il locale Ufficio Turistico Francese, dove è distribuito un ottimo materiale informativo sulle escursioni della zona e sulle attività sportive di rafting, biking e canyoning. Si rimane positivamente sorpresi perché le pubblicazioni hanno aspetto eccellente sotto ogni punto di vista, e sono complete di piantine, illustrazioni, orari, telefoni e indirizzi. L’atteggiamento di assistenza al cliente è un’altra caratteristica che distingue il personale sempre disponibile a fornire consigli con generosità di dettagli.





Rupe Magna, Grosio. Il ritorno dalla Francia ci porta a scoprire la Valtellina e i suoi piccoli tesori, come il Palazzo Besta di Teglio e il Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio, luoghi meno conosciuti al vasto pubblico dei turisti ma non per questo ricchi di valori storici formidabili. Palazzo Besta ci stupisce per gli affreschi del 500 tra cui una carta geografica copia autentica di una mappa di Vogel conservata alla Washington Library. La casa di una ricca famiglia di quel tempo riceveva gli ospiti in ampi saloni e sui soffitti si vantava di osservare il continente della Nuova India così come Colombo, e altri navigatori come Caboto, Magellano, Vespucci, l’aveva descritta dopo la scoperta. Questa meraviglia geografica si è perfettamente conservata grazie agli interventi restaurativi del Ministero dei Beni Culturali. Oggi la geografia è dimenticata negli insegnamenti scolastici. Una volta invece la sua conoscenza era una ricchezza da mostrare: si vedeva la terra e la sua forma rotonda era sviluppata dal pittore su una superficie piana per mostrare la grandezza dei mari e delle terre continentali. Trovo questa visita a Palazzo Besta veramente eccezionale. Invito spesso gli amici a visitare Teglio. Nella piccola sala affacciata sul portico, m’incuriosisce una serie di grossi massi e di riproduzioni fotografiche. Sono una sintesi delle incisioni rupestri trovate a Grosio negli anni 70 dal Prof. Davide Pace. Un piccolo foglietto senza illustrazioni definisce come segue la competenza storica della Valtellina nella storia dei Cromagnon:
“La Rupe Magna conta circa 20.000 figure incise e tutta la zona potrebbe costituire la terza area alpina per numero di raffigurazioni, dopo la Valcamonica e il Mont Bego. Le incisioni sono state fatte con la tecnica della picchiettatura utilizzando piccoli blocchetti di quarzo reperiti sul luogo. Sono rare le incisioni a graffito. Le scoperte sono molto recenti perché erano ricoperte di muschi. La Rupe Magna è una grande roccia formata da megascisti levigati da ghiacciai wurmiani, modellata oltre 20.000 anni fa dall’azione del ghiaccio che scorreva su di essa trascinando con sé una grande quantità di detriti. La datazione cronologica fa riferimento a epoca preistorica corrispondente dall’IV-III Millennio a.C. (Neolitico-Età del Rame) al II Millennio a.C. (età del Bronzo)”.






Contrariamente ai numerosi divieti del Parc de Marveilles è possibile salire sulla Rupe Magna.
Anche senza scarpe bisogna avere con molta attenzione muovendosi in equilibrio sulla roccia. I bambini si divertono a cercare le figure tra le pieghe del sasso. La sua superficie molto estesa consente di avvicinarsi fino a toccare le incisioni e di ammirare i disegni da vicino. Non è facile riconoscere le figure degli oranti o dei guerrieri piuttosto che degli animali come la capra o degli attrezzi come il rastrello. Per i giovani diventa un gioco come la caccia al tesoro dove per vincere bisogna trovare più disegni. La luce calda del tramonto favorisce la definizione dei bordi scuri sullo sfondo illuminato della Rupe Magna. Se prima era raro vedere qualche segno adesso sembra di camminare su un tappeto fantastico di fumetti preistorici disegnati in una striscia continua. Alcune figure sembrano danzare, anticipando forme in movimento. Misteriosa è invece la rappresentazione degli attributi femminili evidenziati come nelle incisioni della Valcamonica: una coppella in mezzo alle gambe e due ai lati del busto. Il significato delle coppelle è sconosciuto. Sono presenti su molti serpentini levigati dal ritiro dei ghiacciai, spesso in prossimità di luoghi di culto come piccole santelle o cappelle votive ai bordi di terrazzi coltivati. Qualcuno tenta l’ipotesi che il ritrovamento di coppelle sia un segno di espressione religiosa. Gli uomini antichi non sapevano in quale altro modo definire un valore soprannaturale.
Intorno alla Rupe Magna si possono visitare i resti di un castello medioevale le cui mura merlate fanno pensare a un luogo di difesa e di battaglie. Il paesaggio è caratterizzato dalla forte presenza della vite coltivata su solidi terrazzamenti. File ordinate di muretti a secco proteggono la terra dai fenomeni di erosione particolarmente evidenti sui declivi delle valli alpine. Il regista Olmi ha girato un documentario proprio in Valtellina per fare conoscere il valore e l’attualità che la terra e la vigna hanno nella vita dell’uomo. In un mondo ormai proiettato verso la conquista dello spazio, dove ogni giorno s’inventano nuove applicazioni elettroniche, informatiche e tecnologiche, parlare dell’importanza di difendere la terra dai processi di cementificazione sembra inadeguato. Il regista Olmi vuol dare un messaggio semplice ai giovani e alle generazioni che verranno: salvate la terra, coltivate la terra, amate la terra. In futuro la terra con i suoi prodotti naturali ci salverà.
Lo sapevano bene i Cromagnon che hanno vissuto per millenni in questi campi.

BIBLIOGRAFIA

M. LUOIS, G. ISETTI, Les gravures prehistiriques du Mont-Bego, Institut International d’Etudes Ligures, Bordighera (Imperia), 1974

P. GRAZIOSI, Les roches rouges (I Balzi Rossi), Institut International d’Etudes Ligures, Bordighera (Imperia), 1976

P. GRAZIOSI, I Balzi Rossi, Istituto Internazionale di Studi Liguri, , Bordighera (Imperia), 1959

E. BERNARDINI, Le incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie, Peveragno (Cuneo), Blu edizioni, 2001,

LES GUIDES RANDOXYGENE, Haut Pays, Conseil Generale Alpes-Maritimes, Nice, 2009

Y. COPPENS, Ominoidi, ominidi e uomini, Milano, Jaca Book, 1988

F. FACCHINI, M.G. BELCASTRO, La lunga storia di Neanderthal, Milano, Jaca Book, 2009
C. BICKNELL, Guida delle incisioni rupestri preistoriche nelle Alpi Marittime, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera (Imperia), 1972

CONSORZIO PER IL PARCO DELLE INCISIONI RUPESTRI DI GROSIO E SOPRAINTENDENZA ARCHEOLOGICA DELLA LOMBARDIA, Il Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio e la preistoria Valtellinese, Credito Valtellinese, Sondrio, 1988

R. POGGIANI KELLER, C. LIBORIO e M. G. RUGGIERO, Guida all’antiquarium del parco delle incisioni rupestri di Grosio, Consorzio per il Parco delle Incisioni Rupestri di Grosio, Grosio, 2008





















venerdì 15 aprile 2016

Alberi e libri

Per avere maggiori informazioni sugli alberi antichi e in generale sulle piante si segnala questa bibliografia e sitografia:
Bibliografia


AA. VV. Gli alberi monumentali d’Italia, edizioni Abete,1990 Poligrafico Piemontese P.P.M. Casale Monferrato, vol. 1° e vol.2°
Alessandrini Alfonso, Il tempo degli alberi, edizioni Abete,1990 Roma
Banfi Enrico e francesca Consolino, Alberi, Guide  compact De Agostini, Istituto Geografico De Agostini,1996 Novara
Crivelli Paolo, L’albero monumentale, quaderno n.°5 Museo etnografico della Valle di Muggio,2006 Cabbio CH
Fratus Tiziano, Manuale del perfetto cercatore d’alberi, Kowalski, 2013 Trento
Giono Jean, L’uomo che piantava gli alberi, Salani editore, 1996 Milano
Palla Rudi, Ai piedi degli alberi, Ponte alle grazie, Salani editore, 2008 Milano
Polunin Oleg, Guida agli alberi e arbusti d’Europa, Zanichelli, 1977 Bologna
Provincia di Sondrio, Alberi monumentali della Provincia di Sondrio, 1999 Tipografia Polaris Sondrio
Schicchi  Rosario e Francesco M. Raimondo, Alberi monumentali delle Madonie, 2006 Tipografia Luxograf Palermo









                 
Sitografia 




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